Piano Casa Regione Liguria: proroga fino al 31/12

Oggi l’Assemblea Legislativa della Liguria ha votato una proroga tecnica dei tempi di applicazione della Legge 49/2009, il cosiddetto ‘Piano Casa’, al 31 dicembre prossimo.

Un tempo necessario – spiegano in Regione – per poter dare la possibilità al prossimo Consiglio Regionale di decidere su una scelta urbanistica importante, quale lo strumento del ‘Piano Casa’ in forma definitiva.

 

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RENT TO BUY: una guida completa

Guida completa per il contratto “Rent to buy”

 

CHE COSA È IL RENT TO BUY?

Con il contratto di rent to buy, un immobile viene concesso in godimento a un soggetto al quale è anche attribuito il diritto di acquistarne la proprietà imputando a prezzo, in tutto o in parte, i canoni versati

 

CHE DIFFERENZA C’È CON UNA LOCAZIONE?

Il contratto di locazione attribuisce il godimento del bene locato, ma non ne dà il diritto di acquisto

 

SI APPLICANO AL RTB LE REGOLE DELLA LOCAZIONE?

Il rapporto tra concedente e conduttore è regolato dalle norme sull’usufrutto; all’Rtb non si applica la disciplina vincolistica prevista dalle leggi 392/1978 e 431/1998

 

TRA CHI PUÒ ESSERE STIPULATO?

Il Rtb può essere stipulato, sia come parte concedente che come parte conduttrice, da un soggetto “privato”, da un professionista, da un imprenditore individuale, da una società o da un qualunque altro ente diverso dalle società

 

L’RTB CONCERNE SOLO IMMOBILI ABITATIVI?

La legge parla genericamente di “immobili” e quindi il contratto si presta ad avere come oggetto sia edifici (indifferentemente abitativi o strumentali) sia appezzamenti di terreno

 

È UN CONTRATTO A FORMA VINCOLATA?

Si tratta di contratti a forma libera ma, se stipulati per atto pubblico o scrittura privata autenticata, ne è possibile la trascrizione nei Registri immobiliari, ciò da cui deriva un effetto protettivo delle ragioni del conduttore

(Angelo Busani, Emanuele Lucchini Guastalla, Il Sole 24 ORE, 24 settembre 2014)

 

Il «rent to buy» non è affitto

 

La formula del «rent to buy» si configura come una fattispecie contrattuale nuova. È infatti facile osserverare come nel Dl 133/2014 (cosiddetto «Sblocca Italia») il legislatore abbia prestato particolare attenzione a conferire al contratto di rent to buy (Rtb) un assetto assai autonomo rispetto al contratto di locazione «ordinario». In altri termini, dal Dl 133/2014 emerge un contratto che non è qualificabile come uno «speciale» contratto di locazione, caratterizzato dalla sussistenza di una speciale clausola in base alla quale il conduttore ha il diritto di acquistare la proprietà del bene imputando a prezzo, in tutto o in parte i canoni pagati; ma uno schema contrattuale a sé stante rispetto alla «normale» locazione, e quindi caratterizzato da norme assai specifiche (e non da quelle che il Codice civile e la legislazione speciale rivolgono al «normale» contratto di locazione).

Per il fatto che è un contratto che si distacca dal «normale» contratto di locazione, si tratta anzitutto di definire il perimetro entro il quale l’Rtb si configura: al riguardo, può osservarsi che, nello schema del Rtb di cui al Dl 133/2014 rientrano tutti quei contratti dai quali sorga, per il conduttore, un diritto di godimento dell’immobile unitamente a un suo diritto d’acquisto del bene oggetto del contratto; e quindi può trattarsi, ad esempio, di un contratto in base al quale il conduttore beneficia di un’opzione di acquisto (e, pertanto, un diritto che il conduttore può esercitare o meno) oppure di un contratto che prevede un automatismo d’acquisto (e cioè viene pattuito che, con il pagamento dell’ultima rata il conduttore diviene ipso iure proprietario del bene, senza dover o poter esercitare alcuna opzione in tal senso).

L’osservazione che l’Rtb non sia una locazione «qualificata» (ma un contratto diverso dalla locazione) è assai importante perché all’Rtb non dovrebbero rendersi applicabili, in particolare, le norme vincolistiche dettate dalla legge 392/1978 in tema di locazione di immobili urbani e dalla legge 431/1998 in tema di locazione di immobili ad uso abitativo. Ne consegue, ad esempio, che il contratto di rent to buy è completamente svincolato dalla disciplina della durata minima dei contratti, del loro automatico rinnovo, della disdetta per impedirne il rinnovo, Anche i rapporti tra concedente e conduttore non trovano fonte nella legislazione, ordinaria e speciale, in tema di locazione, ma direttamente dall’articolo 23 del Dl 133/2014 (e cioè la norma che ha introdotto il rent to buy), il quale li disciplina facendo richiamo alle norme dell’usufrutto (è evidente che il legislatore stesso, andando a «pescare» la disciplina dell’Rtb nell’usufrutto e non nel contratto di locazione, vuole espressamente scavare un ampio fossato tra quest’ultimo e l’Rtb). In particolare, viene dunque disposto che:

a) il conduttore, prima di prendere possesso del bene oggetto dell’Rtb, debba fare l’inventario e dare una cauzione al concedente (a meno che da questi obblighi il concedente non lo dispensi);

b) le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria del bene concesso in godimento sono a carico del conduttore;

c) sono pure a carico del conduttore le riparazioni straordinarie rese necessarie dall’inadempimento dei suoi obblighi di ordinaria manutenzione;

d) le riparazioni straordinarie (e cioè quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, muri di sostegno o di cinta) sono a carico del proprietario; peraltro, il conduttore deve corrispondere al proprietario l’interesse delle somme spese per le riparazioni straordinarie;

e) se il proprietario rifiuta di eseguire le riparazioni poste a suo carico o ne ritarda l’esecuzione senza giusto motivo, è in facoltà del conduttore di farle eseguire a proprie spese, che gli devono poi essere rimborsate (a garanzia del rimborso il conduttore ha diritto di ritenere l’immobile riparato).

Resta poi il tema se, non trattandosi di una locazione in senso proprio, il concedente debba o meno ricorrere al procedimento di sfratto (ai sensi dell’articolo 658 Cpc) in caso di inadempimento del conduttore; oppure se egli debba procedere con un’azione esecutiva di rilascio, ai sensi dell’articolo 2930 del Codice civile. Al riguardo, l’articolo 23, comma 5, del Dl 133/2014, dispone che il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile e che, se non è stato diversamente convenuto nel contratto, egli acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità per la concessione del bene in godimento.

Tra l’altro il rent to buy, al fine della sua trascrizione nei Registri immobiliari, deve necessariamente essere stipulato per atto notarile; e che, se l’obbligo di rilascio sia contenuto in un atto pubblico, tale atto potrebbe valere come titolo esecutivo (articolo 474, ultimo comma, del Codice di procedura civile) e quindi consentire di passare direttamente all’esecuzione in forma specifica, senza dover transitare attraverso un processo di cognizione per formare appunto il titolo esecutivo.

 

Rent to buy a doppio binario

Nel mercato immobiliare si sono diffuse forme contrattuali che, pur assumendo configurazioni diverse, sono comunemente indicate con il termine di rent to buy. Si tratta di negozi che richiamano la figura della locazione-vendita, caratterizzati dal fatto di trasferire al locatario acquirente, già al momento della stipula, il pieno godimento dell’immobile a fronte del pagamento di canoni periodici di locazione, e di posticipare il passaggio della proprietà al successivo momento del pagamento del saldo del prezzo pattuito, il quale terrà conto – in tutto od in parte – di quanto già corrisposto per la locazione.

L’accordo può prevedere un patto vincolante per entrambe le parti di trasferire la proprietà del bene alla data stabilita, oppure solo una facoltà – normalmente del locatario – di trasferire il bene nel termine prestabilito. La Commissione norme di comportamento e di comune interpretazione in materia tributaria dell’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili ha chiarito la questione con una massima. Poiché nella prassi con maggior frequenza si ricorre al contratto con facoltà, il legislatore, nel Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133, “Sblocca Italia”, all’articolo 23 ha introdotto alcune disposizioni, esclusivamente di carattere civilistico, volte a tutelare il locatario acquirente. Sotto l’aspetto tributario la particolarità di questo contratto e il fatto che parti contraenti possono essere soggetti aventi regimi fiscali diversi, pone molti interrogativi riguardo al corretto trattamento dell’operazione. La norma dicomportamento suggerisce un approccio basato su una prima essenziale dicotomia.

Quando il contratto di rent to buy contiene una clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti, tanto da non necessitare più alcun atto di consenso ulteriore per il suo perfezionamento, ai fini fiscali, sia per le imposte sul reddito che per le imposte indirette, l’effetto del trasferimento della proprietà viene anticipato già alla stipula del contratto stesso; l’operazione sarà quindi assoggettata alla fiscalità della cessione assumendo come imponibile l’intero corrispettivo della cessione, e se il cedente è una impresa il ricavo tratto dalla cessione concorrerà per intero a formare il risultato imponibile dell’esercizio stesso, ed il bene sarà espunto dal bilancio d’esercizio entrando nella sfera contabile del locatarioacquirente il quale, se agisce in regime d’impresa, avrà titolo per conteggiare e dedurre gli ammortamenti .

Quando invece il contratto di rent to buy contiene un patto di futura vendita non vincolante per entrambe le parti, gli effetti civilistici e fiscali sono ricomposti, nel senso che il trasferimento della proprietà, sotto ogni profilo, avrà effetto alla data in cui l’opzione di acquisto (o di vendita) verrà esercitata dal soggetto titolato. In questo caso, la gestione degli adempimenti fiscali presenta degli aspetti differenti a seconda che la clausola contrattuale preveda che dal pagamento del corrispettivo stabilito per la vendita del bene siano sottratti i canoni di locazione nel frattempo corrisposti dal locatario-acquirente, oppure che il corrispettivo stabilito per la vendita venga diminuito nel suo ammontare dai canoni di locazione già corrisposti. Nel primo caso, infatti, si pone un tema di riqualificazione dei canoni di locazione in acconti a valere sul corrispettivo di vendita, il quale comporta interventi volti a rendere nel suo complesso omogenea la tassazione indiretta della vendita.

Qualora l’accordo di rent to buy fosse regolato da più contratti fra le medesime parti, il corretto trattamento civilistico e fiscale richiederebbe di valutare l’esistenza di un collegamento funzionale fra i contratti, la reale volontà delle parti e quindi l’apprezzamento delle risultanze di fatto. Infine, si può ritenere che questi concetti possano essere estesi, pur con i dovuti adattamenti, anche a contratti simili che abbiano per oggetto altri beni diversi dagli immobili.

– Il contratto denominato “rent to buy” produce, ai fini dell’Iva, dell’Imposta di Registro e delle Imposte Dirette, gli effetti della cessione del bene dal momento della stipula del relativo contratto, ove sia contestualmente convenuto il trasferimento a favore del locatario/acquirente del pieno possesso e godimento del bene e l’automatico trasferimento, vincolante per ambedue le parti del diritto di proprietà al momento del pagamento integrale del prezzo

– Ove la clausola di trasferimento della proprietà al momento dell’integrale pagamento del prezzo non sia vincolante per entrambe le parti ma solo per una di esse, gli effetti fiscali del trasferimento del bene si manifestano successivamente alla stipula del contratto “rent to buy”,cioè al momento della formale cessione del bene

(Giulio Boselli, Fabio Landuzzi, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 2 ottobre 2014)

 

Con l’obbligo d’acquisto il canone è esente da Iva

Ogni ragionamento sulla tassazione del contratto di rent to buy deve necessariamente prendere atto che, agli effetti dell’Iva (articolo 2, comma 2 del Dpr 633/1972), si devono considerare come “cessioni” le «locazioni con clausola di trasferimento vincolante per entrambe le parti».

Pertanto, in tal caso, l’Iva si applica sull’intero prezzo pattuito per la futura vendita, mentre il pagamento dei canoni, considerati componenti del prezzo della cessione, è escluso dall’imposta.

Il caso affitto+compromesso

Alla medesima conclusione dovrebbe pervenirsi (in tal senso pare la circolare dell’agenzia delle Entrate n. 28/E del 21 giugno 2011), oltre che per i contratti nei quali il trasferimento si produce automaticamente senza necessità di ripetizione del consenso, anche nei casi (ad esempio, la combinazione di una locazione con un contratto preliminare di compravendita) in cui è prevista la successiva conclusione di un contratto di trasferimento.

Quest’ultimo, pertanto, dovrebbe essere registrato con applicazione dell’imposta di registro in misura fissa perché relativo ad un’operazione soggetta a Iva.

L’ipotesi locazione+opzione

Diverso potrebbe essere, invece, il discorso se l’operazione di rent to buy venisse configurata come locazione combinata con un’opzione, in base alla quale l’inquilino, a una determinata scadenza e per un dato prezzo, abbia facoltà di acquistare la proprietà. In questo caso, infatti, dovrebbe ritenersi applicabile dapprima la disciplina Iva relativa al contratto di locazione e, successivamente, quella relativa al contratto di trasferimento, ma con le seguenti peculiarità a seconda di quale sia lo schema operativo concretamente adottato.

Le tre «vie»

Infatti, a questo riguardo, si profilano tre diverse vie:

a) se il prezzo di vendita fosse convenuto in un dato ammontare, senza imputare a prezzo i canoni versati (e quindi – per intendersi – come se fosse un corrispettivo dovuto per l’esercizio dell’opzione), l’Iva dovrebbe dapprima ordinariamente applicarsi sui canoni di locazione e poi su questo “prezzo” pattuito quale corrispettivo per l’esercizio dell’opzione;

b) se il prezzo di vendita fosse, invece, concepito come pagato periodicamente mediante la corresponsione dei canoni di locazione (e quindi imputando i canoni a prezzo, quali acconti del prezzo d’acquisto complessivamente dovuto dal conduttore/compratore), ogni “canone” dovrebbe essere trattato ai fini Iva come un acconto (se poi non tutto il canone vada computato come prezzo, ma in parte sia da considerare come corrispettivo del godimento del bene, allora questa parte dovrà essere tassata come se fosse il canone di una locazione);

c) qualora, invece, l’intero importo da corrispondere periodicamente fosse inizialmente qualificato solo come canone di locazione e, al momento della stipula della cessione, fosse imputato in tutto o in parte a prezzo, si avrebbe un’evidente duplicazione dell’imposizione rispetto alle somme prima qualificate e tassate come canoni di locazione e successivamente considerate nell’importo del prezzo della cessione.

Variazione di fatturazione

Inevitabile, in quest’ultimo caso, ricorrere alla variazione della fatturazione di cui all’articolo 26 del Dpr 63/1972, per sottrarre dalla imposizione come canoni di locazione quella parte del corrispettivo che viene imputata a prezzo; e alla restituzione dal venditore/concedente all’inquilino dell’Iva addebitata a quest’ultimo per rivalsa sui canoni di locazione.

(Angelo Busani, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 2 ottobre 2014)

Tratto da: Fiaip

Che cos’è l’ IMU – Imposta Municipale Unica

L’IMU è l’ Imposta Municipale Unica e:

  • entra in vigore a decorrere dal 2012 fino al 2014
  • riguarda i proprietari di immobili, i  titolari dei diritti reali di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi e superficie sugli immobili
  • riguarda i fabbricati, i terreni, le aree fabbricabili, a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa.
  • sostituisce l’ Irpef (per gli immobili non locati) – L’ addizionale regionale Irpef (per gli immobili non locati) – L’ addizionale comunale Irpef (per gli immobili non locati) – L’ ICI .
  • Le Aliquote sono :  aliquota base dello 0,76% (7,6 per mille), che i Comuni possono aumentare o diminuire sino a 0,3 punti percentuali –  Aliquota dello 0,4% (4 per mille) per l’abitazione principale e  relative pertinenze  (al massimo una per ciascuna delle categorie catastali C/2, C/6 e C/7),  che i Comuni possono aumentare o diminuire sino a 0,2 punti percentuali –
  • I Comuni possono ridurre l’aliquota base fino allo 0,4% (4 per mille) per gli immobili locati –
  • Per l’abitazione principale e per le relative pertinenze, si ha diritto ad una detrazione pari a 200 euro nonché a un’ulteriore detrazione pari a 50 euro per ogni figlio, dimorante abitualmente e residente anagraficamente nella stessa, di età non superiore a 26  anni (fino ad un importo massimo aggiuntivo di 400 euro).
  • I Comuni possono elevare la detrazione, fino a concorrenza  dell’ imposta dovuta.
  • La base imponibile è : la rendita catastale dell’immobile, rivalutata del 5% e moltiplicata per:  160 per i fabbricati del gruppo catastale A (esclusi gli A/10) e delle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 –  140 per i fabbricati del gruppo catastale B e delle  categorie  catastali C/3, C/4 e C/5 – 80 per i fabbricati della categoria catastale A/10 e D/5 – 60 per i fabbricati del gruppo catastale D (esclusi i D/5) – 55 per i fabbricati della categoria catastale C/1
  • Quando si versa :  In due rate: 16 giugno e 16 dicembre (salvo diverse disposizioni comunali)

Riapertura termini per la rivalutazione delle aree edificabili

L’art.7, comma 2, lett.dd-gg, del D.L. 70/2011 dispone una nuova riapertura dei termini per la rivalutazione delle aree agricole ed edificabili, possedute da privati non esercenti attività commerciale, introdotta dall’art.7 della legge 448/2001, ed oggetto, nel tempo, di
diverse proroghe e riaperture di termini.

In sostanza, viene nuovamente ammessa la possibilità di rideterminare il valore d’acquisto dei terreni edificabili ed agricoli posseduti da privati non esercenti attività commerciale alla data del 1° luglio 2011, mediante la redazione di una perizia giurata di stima ed il versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sul reddito, pari al 4% dell’intero valore rivalutato delle aree, da effettuarsi in unica rata entro il 30 giugno
2012, ovvero in 3 rate annuali di pari importo da corrispondere entro il 30 giungo di ciascuna delle annualità 2012, 2013 e 2014.

In sede di conversione in legge del citato D.L., tale possibilità è stata estesa alle società di capitali, ma limitatamente all’ipotesi in cui i relativi beni, “per il periodo di applicazione delle disposizioni di cui agli artt.5 e 7 della legge 448/2001” (che, in assenza di ulteriori
precisazioni, dovrebbe corrispondere al periodo 1° gennaio – 30 settembre 2002), siano stati oggetto di misure  cautelari,  per  poi  tornare,  all’esito del giudizio, nella piena titolarità delle medesime società.

Al di fuori di questo caso specifico, resta fermo che la possibilità di rivalutazione non è ammessa ai titolari di reddito d’impresa,  essendo  consentita  per  i  soli  soggetti  non esercenti attività commerciale, relativamente alle aree (edificabili o agricole) ed alle
partecipazioni, da questi possedute alla data del 1° luglio 2011.
Circa la possibilità di recupero della sostitutiva già pagata in occasione delle precedenti rivalutazioni, già l’originario testo del decreto legge ha introdotto importanti novità, confermate anche a seguito della conversione in legge del provvedimento.

In particolare, per coloro che si sono già avvalsi della facoltà di rivalutare le suddette aree ed intendano avvalersi nuovamente del beneficio, sono alternativamente riconosciute:

–  la  possibilità  di  detrarre  dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata. Al fine del controllo della legittimità della detrazione, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate di approvazione del modello di dichiarazione dei redditi, saranno individuati i dati da indicare nella dichiarazione stessa

–  la  possibilità  di  chiedere  il  rimborso  della  imposta  sostitutiva  già  pagata, entro 48 mesi (ai sensi dell’art.38 del  D.P.R.  602/1973),  decorrenti  dalla data di versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata.

L’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base alla nuova rideterminazione effettuata.
La possibilità di richiesta di rimborso, con le  stesse  modalità  e  termini  di  cui  al  punto precedente, è riconosciuta anche per i versamenti effettuati entro la data di entrata in vigore del decreto legge (ossia entro il 14 maggio 2011). In sostanza, viene ammessa
la facoltà di chiedere il rimborso anche per i contribuenti che abbiano, nel passato, operato una seconda rivalutazione dei propri immobili, ma che non intendano aderire all’attuale rideterminazione.

Anche questi potranno richiedere il rimborso dell’imposta sostitutiva già  pagata, entro 48 mesi decorrenti dalla data  di versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata.
Nei casi in cui, alla data del 14 maggio 2011 (data di entrata in vigore del D.L. 70/2011), siano già decorsi 48 mesi dal  versamento  dell’imposta  sostitutiva relativa all’ultima rivalutazione effettuata, la richiesta di rimborso può essere comunque fatta entro il
termine di 12 mesi a decorre dalla medesima data di entrata in vigore del decreto (ossia entro il 14 maggio 2012).
Le nuove disposizioni, in materia di recupero dell’imposta sostitutiva versata nelle precedenti rideterminazioni, superano  quindi il passato orientamento dell’Amministrazione finanziaria che  escludeva  qualsiasi  forma  di  compensazione dell’imposta e limitava la possibilità di richiederne il rimborso, ai sensi dell’art.38 del DPR 602/1973, solo nell’ipotesi in cui non fossero ancora trascorsi 48 mesi dal termine
di versamento della stessa.

Fonte: Ance