RENT TO BUY: una guida completa

Guida completa per il contratto “Rent to buy”

 

CHE COSA È IL RENT TO BUY?

Con il contratto di rent to buy, un immobile viene concesso in godimento a un soggetto al quale è anche attribuito il diritto di acquistarne la proprietà imputando a prezzo, in tutto o in parte, i canoni versati

 

CHE DIFFERENZA C’È CON UNA LOCAZIONE?

Il contratto di locazione attribuisce il godimento del bene locato, ma non ne dà il diritto di acquisto

 

SI APPLICANO AL RTB LE REGOLE DELLA LOCAZIONE?

Il rapporto tra concedente e conduttore è regolato dalle norme sull’usufrutto; all’Rtb non si applica la disciplina vincolistica prevista dalle leggi 392/1978 e 431/1998

 

TRA CHI PUÒ ESSERE STIPULATO?

Il Rtb può essere stipulato, sia come parte concedente che come parte conduttrice, da un soggetto “privato”, da un professionista, da un imprenditore individuale, da una società o da un qualunque altro ente diverso dalle società

 

L’RTB CONCERNE SOLO IMMOBILI ABITATIVI?

La legge parla genericamente di “immobili” e quindi il contratto si presta ad avere come oggetto sia edifici (indifferentemente abitativi o strumentali) sia appezzamenti di terreno

 

È UN CONTRATTO A FORMA VINCOLATA?

Si tratta di contratti a forma libera ma, se stipulati per atto pubblico o scrittura privata autenticata, ne è possibile la trascrizione nei Registri immobiliari, ciò da cui deriva un effetto protettivo delle ragioni del conduttore

(Angelo Busani, Emanuele Lucchini Guastalla, Il Sole 24 ORE, 24 settembre 2014)

 

Il «rent to buy» non è affitto

 

La formula del «rent to buy» si configura come una fattispecie contrattuale nuova. È infatti facile osserverare come nel Dl 133/2014 (cosiddetto «Sblocca Italia») il legislatore abbia prestato particolare attenzione a conferire al contratto di rent to buy (Rtb) un assetto assai autonomo rispetto al contratto di locazione «ordinario». In altri termini, dal Dl 133/2014 emerge un contratto che non è qualificabile come uno «speciale» contratto di locazione, caratterizzato dalla sussistenza di una speciale clausola in base alla quale il conduttore ha il diritto di acquistare la proprietà del bene imputando a prezzo, in tutto o in parte i canoni pagati; ma uno schema contrattuale a sé stante rispetto alla «normale» locazione, e quindi caratterizzato da norme assai specifiche (e non da quelle che il Codice civile e la legislazione speciale rivolgono al «normale» contratto di locazione).

Per il fatto che è un contratto che si distacca dal «normale» contratto di locazione, si tratta anzitutto di definire il perimetro entro il quale l’Rtb si configura: al riguardo, può osservarsi che, nello schema del Rtb di cui al Dl 133/2014 rientrano tutti quei contratti dai quali sorga, per il conduttore, un diritto di godimento dell’immobile unitamente a un suo diritto d’acquisto del bene oggetto del contratto; e quindi può trattarsi, ad esempio, di un contratto in base al quale il conduttore beneficia di un’opzione di acquisto (e, pertanto, un diritto che il conduttore può esercitare o meno) oppure di un contratto che prevede un automatismo d’acquisto (e cioè viene pattuito che, con il pagamento dell’ultima rata il conduttore diviene ipso iure proprietario del bene, senza dover o poter esercitare alcuna opzione in tal senso).

L’osservazione che l’Rtb non sia una locazione «qualificata» (ma un contratto diverso dalla locazione) è assai importante perché all’Rtb non dovrebbero rendersi applicabili, in particolare, le norme vincolistiche dettate dalla legge 392/1978 in tema di locazione di immobili urbani e dalla legge 431/1998 in tema di locazione di immobili ad uso abitativo. Ne consegue, ad esempio, che il contratto di rent to buy è completamente svincolato dalla disciplina della durata minima dei contratti, del loro automatico rinnovo, della disdetta per impedirne il rinnovo, Anche i rapporti tra concedente e conduttore non trovano fonte nella legislazione, ordinaria e speciale, in tema di locazione, ma direttamente dall’articolo 23 del Dl 133/2014 (e cioè la norma che ha introdotto il rent to buy), il quale li disciplina facendo richiamo alle norme dell’usufrutto (è evidente che il legislatore stesso, andando a «pescare» la disciplina dell’Rtb nell’usufrutto e non nel contratto di locazione, vuole espressamente scavare un ampio fossato tra quest’ultimo e l’Rtb). In particolare, viene dunque disposto che:

a) il conduttore, prima di prendere possesso del bene oggetto dell’Rtb, debba fare l’inventario e dare una cauzione al concedente (a meno che da questi obblighi il concedente non lo dispensi);

b) le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria del bene concesso in godimento sono a carico del conduttore;

c) sono pure a carico del conduttore le riparazioni straordinarie rese necessarie dall’inadempimento dei suoi obblighi di ordinaria manutenzione;

d) le riparazioni straordinarie (e cioè quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, muri di sostegno o di cinta) sono a carico del proprietario; peraltro, il conduttore deve corrispondere al proprietario l’interesse delle somme spese per le riparazioni straordinarie;

e) se il proprietario rifiuta di eseguire le riparazioni poste a suo carico o ne ritarda l’esecuzione senza giusto motivo, è in facoltà del conduttore di farle eseguire a proprie spese, che gli devono poi essere rimborsate (a garanzia del rimborso il conduttore ha diritto di ritenere l’immobile riparato).

Resta poi il tema se, non trattandosi di una locazione in senso proprio, il concedente debba o meno ricorrere al procedimento di sfratto (ai sensi dell’articolo 658 Cpc) in caso di inadempimento del conduttore; oppure se egli debba procedere con un’azione esecutiva di rilascio, ai sensi dell’articolo 2930 del Codice civile. Al riguardo, l’articolo 23, comma 5, del Dl 133/2014, dispone che il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile e che, se non è stato diversamente convenuto nel contratto, egli acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità per la concessione del bene in godimento.

Tra l’altro il rent to buy, al fine della sua trascrizione nei Registri immobiliari, deve necessariamente essere stipulato per atto notarile; e che, se l’obbligo di rilascio sia contenuto in un atto pubblico, tale atto potrebbe valere come titolo esecutivo (articolo 474, ultimo comma, del Codice di procedura civile) e quindi consentire di passare direttamente all’esecuzione in forma specifica, senza dover transitare attraverso un processo di cognizione per formare appunto il titolo esecutivo.

 

Rent to buy a doppio binario

Nel mercato immobiliare si sono diffuse forme contrattuali che, pur assumendo configurazioni diverse, sono comunemente indicate con il termine di rent to buy. Si tratta di negozi che richiamano la figura della locazione-vendita, caratterizzati dal fatto di trasferire al locatario acquirente, già al momento della stipula, il pieno godimento dell’immobile a fronte del pagamento di canoni periodici di locazione, e di posticipare il passaggio della proprietà al successivo momento del pagamento del saldo del prezzo pattuito, il quale terrà conto – in tutto od in parte – di quanto già corrisposto per la locazione.

L’accordo può prevedere un patto vincolante per entrambe le parti di trasferire la proprietà del bene alla data stabilita, oppure solo una facoltà – normalmente del locatario – di trasferire il bene nel termine prestabilito. La Commissione norme di comportamento e di comune interpretazione in materia tributaria dell’Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili ha chiarito la questione con una massima. Poiché nella prassi con maggior frequenza si ricorre al contratto con facoltà, il legislatore, nel Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133, “Sblocca Italia”, all’articolo 23 ha introdotto alcune disposizioni, esclusivamente di carattere civilistico, volte a tutelare il locatario acquirente. Sotto l’aspetto tributario la particolarità di questo contratto e il fatto che parti contraenti possono essere soggetti aventi regimi fiscali diversi, pone molti interrogativi riguardo al corretto trattamento dell’operazione. La norma dicomportamento suggerisce un approccio basato su una prima essenziale dicotomia.

Quando il contratto di rent to buy contiene una clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti, tanto da non necessitare più alcun atto di consenso ulteriore per il suo perfezionamento, ai fini fiscali, sia per le imposte sul reddito che per le imposte indirette, l’effetto del trasferimento della proprietà viene anticipato già alla stipula del contratto stesso; l’operazione sarà quindi assoggettata alla fiscalità della cessione assumendo come imponibile l’intero corrispettivo della cessione, e se il cedente è una impresa il ricavo tratto dalla cessione concorrerà per intero a formare il risultato imponibile dell’esercizio stesso, ed il bene sarà espunto dal bilancio d’esercizio entrando nella sfera contabile del locatarioacquirente il quale, se agisce in regime d’impresa, avrà titolo per conteggiare e dedurre gli ammortamenti .

Quando invece il contratto di rent to buy contiene un patto di futura vendita non vincolante per entrambe le parti, gli effetti civilistici e fiscali sono ricomposti, nel senso che il trasferimento della proprietà, sotto ogni profilo, avrà effetto alla data in cui l’opzione di acquisto (o di vendita) verrà esercitata dal soggetto titolato. In questo caso, la gestione degli adempimenti fiscali presenta degli aspetti differenti a seconda che la clausola contrattuale preveda che dal pagamento del corrispettivo stabilito per la vendita del bene siano sottratti i canoni di locazione nel frattempo corrisposti dal locatario-acquirente, oppure che il corrispettivo stabilito per la vendita venga diminuito nel suo ammontare dai canoni di locazione già corrisposti. Nel primo caso, infatti, si pone un tema di riqualificazione dei canoni di locazione in acconti a valere sul corrispettivo di vendita, il quale comporta interventi volti a rendere nel suo complesso omogenea la tassazione indiretta della vendita.

Qualora l’accordo di rent to buy fosse regolato da più contratti fra le medesime parti, il corretto trattamento civilistico e fiscale richiederebbe di valutare l’esistenza di un collegamento funzionale fra i contratti, la reale volontà delle parti e quindi l’apprezzamento delle risultanze di fatto. Infine, si può ritenere che questi concetti possano essere estesi, pur con i dovuti adattamenti, anche a contratti simili che abbiano per oggetto altri beni diversi dagli immobili.

– Il contratto denominato “rent to buy” produce, ai fini dell’Iva, dell’Imposta di Registro e delle Imposte Dirette, gli effetti della cessione del bene dal momento della stipula del relativo contratto, ove sia contestualmente convenuto il trasferimento a favore del locatario/acquirente del pieno possesso e godimento del bene e l’automatico trasferimento, vincolante per ambedue le parti del diritto di proprietà al momento del pagamento integrale del prezzo

– Ove la clausola di trasferimento della proprietà al momento dell’integrale pagamento del prezzo non sia vincolante per entrambe le parti ma solo per una di esse, gli effetti fiscali del trasferimento del bene si manifestano successivamente alla stipula del contratto “rent to buy”,cioè al momento della formale cessione del bene

(Giulio Boselli, Fabio Landuzzi, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 2 ottobre 2014)

 

Con l’obbligo d’acquisto il canone è esente da Iva

Ogni ragionamento sulla tassazione del contratto di rent to buy deve necessariamente prendere atto che, agli effetti dell’Iva (articolo 2, comma 2 del Dpr 633/1972), si devono considerare come “cessioni” le «locazioni con clausola di trasferimento vincolante per entrambe le parti».

Pertanto, in tal caso, l’Iva si applica sull’intero prezzo pattuito per la futura vendita, mentre il pagamento dei canoni, considerati componenti del prezzo della cessione, è escluso dall’imposta.

Il caso affitto+compromesso

Alla medesima conclusione dovrebbe pervenirsi (in tal senso pare la circolare dell’agenzia delle Entrate n. 28/E del 21 giugno 2011), oltre che per i contratti nei quali il trasferimento si produce automaticamente senza necessità di ripetizione del consenso, anche nei casi (ad esempio, la combinazione di una locazione con un contratto preliminare di compravendita) in cui è prevista la successiva conclusione di un contratto di trasferimento.

Quest’ultimo, pertanto, dovrebbe essere registrato con applicazione dell’imposta di registro in misura fissa perché relativo ad un’operazione soggetta a Iva.

L’ipotesi locazione+opzione

Diverso potrebbe essere, invece, il discorso se l’operazione di rent to buy venisse configurata come locazione combinata con un’opzione, in base alla quale l’inquilino, a una determinata scadenza e per un dato prezzo, abbia facoltà di acquistare la proprietà. In questo caso, infatti, dovrebbe ritenersi applicabile dapprima la disciplina Iva relativa al contratto di locazione e, successivamente, quella relativa al contratto di trasferimento, ma con le seguenti peculiarità a seconda di quale sia lo schema operativo concretamente adottato.

Le tre «vie»

Infatti, a questo riguardo, si profilano tre diverse vie:

a) se il prezzo di vendita fosse convenuto in un dato ammontare, senza imputare a prezzo i canoni versati (e quindi – per intendersi – come se fosse un corrispettivo dovuto per l’esercizio dell’opzione), l’Iva dovrebbe dapprima ordinariamente applicarsi sui canoni di locazione e poi su questo “prezzo” pattuito quale corrispettivo per l’esercizio dell’opzione;

b) se il prezzo di vendita fosse, invece, concepito come pagato periodicamente mediante la corresponsione dei canoni di locazione (e quindi imputando i canoni a prezzo, quali acconti del prezzo d’acquisto complessivamente dovuto dal conduttore/compratore), ogni “canone” dovrebbe essere trattato ai fini Iva come un acconto (se poi non tutto il canone vada computato come prezzo, ma in parte sia da considerare come corrispettivo del godimento del bene, allora questa parte dovrà essere tassata come se fosse il canone di una locazione);

c) qualora, invece, l’intero importo da corrispondere periodicamente fosse inizialmente qualificato solo come canone di locazione e, al momento della stipula della cessione, fosse imputato in tutto o in parte a prezzo, si avrebbe un’evidente duplicazione dell’imposizione rispetto alle somme prima qualificate e tassate come canoni di locazione e successivamente considerate nell’importo del prezzo della cessione.

Variazione di fatturazione

Inevitabile, in quest’ultimo caso, ricorrere alla variazione della fatturazione di cui all’articolo 26 del Dpr 63/1972, per sottrarre dalla imposizione come canoni di locazione quella parte del corrispettivo che viene imputata a prezzo; e alla restituzione dal venditore/concedente all’inquilino dell’Iva addebitata a quest’ultimo per rivalsa sui canoni di locazione.

(Angelo Busani, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 2 ottobre 2014)

Tratto da: Fiaip

One Comment

    Immobiliare CASAMARE

    Decreto “Sblocca Italia”: il “rent to buy” diventa legge

    Il “decreto sblocca Italia” (D.L. 133/2014, convertito nella L.164/2014) ha introdotto una specifica disciplina civilistica per la forma contrattuale del c.d. “rent to buy”, fino ad ora relegata nell’ambito dei contratti atipici.

    Si tratta – come è noto – di contratti di godimento di immobili, stipulati in funzione della successiva alienazione degli stessi. In particolare, secondo la definizione che ne dà l’articolo 23 del decreto, i contratti “rent to buy” sono quei contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato, imputando a corrispettivo del trasferimento i canoni versati, nella misura (totale o parziale) convenuta nel contratto stesso.

    La normativa non prevede vincoli, né sul piano soggettivo, né su quello oggettivo: il contratto rent to buy può quindi essere stipulato da qualsiasi soggetto (persona fisica o persona giuridica) e per qualsiasi tipologia di immobile (ad uso abitativo o a destinazione commerciale).

    La norma risolve quella che, sul piano civilistico, era fino ad ora la maggiore criticità di questa forma contrattuale: è infatti previsto che il contratto (redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata) è soggetto a trascrizione nei Registri immobiliari, analogamente a quanto accade per i contratti preliminari di vendita, con una efficacia rapportata alla durata del contratto, ma comunque non superiore a 10 anni.

    Il legislatore, pur disciplinando diversi aspetti del contratto, ha lasciato ampio spazio alla autonomia delle parti, consentendo la modulazione di molte clausole del contratto in funzione delle specifiche esigenze delle parti contraenti: queste, infatti, sono libere di stabilire la durata della fase di godimento e la parte di canone imputabile a corrispettivo della successiva vendita. Alle stesse è anche consentito introdurre diritti di recesso, clausole penali e/o meccanismi condizionali, nonché prevedere, disciplinandola, la cedibilità della posizione contrattuale.

    La norma prevede, inoltre, che il contratto si risolve nell’ipotesi di mancato pagamento dei canoni, ma la fissazione del numero dei canoni insoluti che determina la risoluzione è lasciata all’autonomia delle parti, fermo restando che tale numero non può essere inferiore a un ventesimo del totale. Se non stabilito diversamente, infine, nell’ipotesi di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente acquisisce interamente i canoni percepiti, a titolo di indennità; nell’ipotesi di inadempimento del concedente, questi è tenuto a restituire i canoni percepiti, maggiorati degli interessi legali.

    La norma disciplina anche le ipotesi di fallimento: se a fallire è il concedente, il contratto prosegue e l’azione revocatoria non sarà esperibile se il contratto era stato trascritto (e gli effetti non sono cessati), sempreché il prezzo sia giusto e l’immobile sia destinato ad abitazione principale del conduttore o a sede principale dell’impresa di questi; se a fallire è il conduttore, ove il curatore receda dal contratto, il concedente avrà diritto, oltre alla restituzione dell’immobile, anche ad acquisire i canoni percepiti.

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